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Piante velenose
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Atropa belladonna L.

ATBELLA DONNA

Nome volgare: Belladonna
Tipologia: Pianta Velenosa

Nome volgare:Belladonna, Ciliegia della pazzia, Solatro furioso.

Forma biologica: H scap (Emicriptofite scapose. Piante perennanti per mezzo di gemme poste a livello del terreno e con asse fiorale allugato, spesso privo di foglie).

Descrizione: Pianta perenne, erbacea, caratterizzata da un grosso rizoma cilindrico, fusti eretti, sottilmente scanalati, con rami allargati. Altezza sino a 160 cm.Le foglie, picciolate, sono ovali, acuminate all’apice, alterne, nella parte inferiore del fusto, mentre nella parte superiore sono inserite a 2 a 2 dallo stesso lato, una è molto più piccola dell’altra

I fiori solitari, portati da lunghi peduncoli. Il calice a 5 sepali, la corolla campanulata o cilindrica, di colore porpora o bruno, con riflessi violetti all’esterno, mentre all’interno riflessi grigio-gialli, è divisa in 5 punte arrotondate all’apice. Cinque stami all’interno, muniti di antere gialle e filetti pelosi alla base. Il pistillo ha uno stimma bilobato.Al momento della fruttificazione il calice si slarga assumendo una disposizione stellata.
I frutti sono bacche sferiche, velenose, nere e lucide a maturazione, circondate da calice concresciuto, contengono numerosi semi reniformi.

Antesi: Giugno – Settembre
Tipo Corologico: Medit.-Mont. (Europa meridionale aree momtane)
Distribuzione in Italia: Presente, rara, in quasi tutto il territori

Habitat: Nei boschi, nelle radure. Predilige terreni sabbiosi e argilllosi, ricchi di calcio, dalla pianura sino a 1.400 m.

Etimologia: Il nome del genere dal greco “Átropos”, nome di una delle 3 Parche, divinità a cui era affidato il compito di recidere il filo della vita ai comuni mortali, questo a indicanrne i letali effetti. Il nome specifico fa riferimento all’uso cosmetico della pianta: veniva infatti impiegata dalle cortigiane di Venezia come collirio, per provocare la dilatazione della pupilla ( midriasi ), ciò conferiva allo sguardo femminile un particolare fascino, pare, molto apprezzato all’epoca.

Proprietà ed utilizzi: Erba narcotica, antispstica, analgesica; riduce le secrezioni della bocca, dei bronchi e dello stomaco.
Tutta la pianta contiene alcaloidi tossici: josciamina, atropina, scopolamina .


È un’antidoto potente per molte intossicazioni.
Opportunamente dosate, le sostanze contenute nella pianta possono essere impiegate nella cura di diverse malattie.
Per uso interno: in caso di asma, calcoli renali e biliari, morbo di Parkinson, prima degli interventi chirurgici.
In eccesso causa secchezza della bocca, perdita di voce, dilatazione delle pupille, fotofobia, stato confusionale, difficoltà respiratoria, morte.
Per uso esterno: in unguenti e cataplasimi contro dolori reumatici e muscolari e nelle gocce per gli occhi durante le visite oculistiche.

Curiosità: Prima della comparsa dei moderni anestetici, quest’erba veniva applicata alla pelle dei pazienti per renderli incoscienti prima dell’operazione, il preparato era detto”pomata dello stregone”.
La quantità di alcaloidi presenti nella pianta è determinata dal tipo di suolo sul quale vegeta, le piante che crescono all’ombra danno droghe moltopiù efficaci.

Esiste una seconda spiegazione del suo nome di belladonna, potrebbe derivare dal francese “belle femme”, termine usato nel medioevo per indicare le streghe. Esse infatti, la utilizzavano, insieme alla mandragora e allo stramonio, per preparare pozioni e unguenti.
Vuole la leggenda che le streghe si recassero ai sabba a cavallo di scope volanti che cospargevano con questi unguenti prodigiosi. É diffusa l’opinione che molto probabilmente le donne impiegassero su sé stesse, i preparati a base di belladonna, che i loro voli fossero quindi, allucinazioni provocate dalle erbe stesse.

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